Il Giappone alle urne: il partito democratico assapora il suo trionfo
Finisce mezzo secolo di dominio liberale
Non che Iwakuni sia un giovanotto. Almeno non si ri presenta. Circa il 40% dei can didati liberaldemocratici è fi glio, nipote e/o pronipote di deputati. Tra i democratici la percentuale è la metà. Il nepo tismo dell’Ldp ha contribuito a esasperare un elettorato già provato dalla crisi, ora che la disoccupazione ha raggiunto il massimo dalla guerra, 5,7% in luglio. E poi c’è la burocra zia, che il Dpj (ottimista) pro mette di sfoltire: «I giappone si danno la patente ai politici — scherza col Corriere Iwaku ni — ma poi si fanno governa re dai burocrati, che guidano senza patente. Basta».
No al nepotismo, no alla burocrazia, no al solito parti to. Gli slogan dei democratici sono semplici, anche se dilui ti in un «Manifesto» in 55 pa ragrafi che si prefigge di «far sì che la politica lavori per la vita della gente». Il leader del Dpj, Yukio Hatoyama, sem bra aver convinto. Piacciono le proposte di abbassare le tasse, di assicurare un sussi dio mensile di 270 dollari per ogni bambino e aiuti ai conta dini, azzerare i pedaggi auto stradali, il tutto tagliando gli sprechi. L’Ldp del premier uscente Taro Aso grida inva no che è un piano insostenibi le, 179 miliardi di dollari a pieno regime. Grande visio ne o astuta demagogia che sia, il messaggio di Hatoyama funziona: stando ai sondaggi, dovrebbe consegnare al Dpj la maggioranza assoluta, for se la maggioranza qualificata, cioè i due terzi dei 480 seggi della Camera Bassa che dareb bero al governo il controllo su ogni provvedimento.
L’agenda di Hatoyama sem bra abbastanza generica da non scontentare nessuno. In politica estera mette al primo punto la «costruzione di una stretta e paritaria alleanza Giappone-Usa» ma prevede «la revisione dell’accordo» sulle forze militari americane nell’arcipelago, 47 mila uomi ni. Qualche iniziativa è un pe gno da pagare: come la rinun cia alla missione navale d’ap poggio alle operazioni Usa in Afghanistan, promessa ai so cialdemocratici, alleati picco li ma preziosi al Senato. «Con gli Usa — dice ancora Iwaku ni — siamo d’accordo sul 70% delle questioni. Il vocabo lario dell’Ldp non prevedeva il 'no', riguardo a Washing ton. Ma conosco gli america ni e so che qualche 'no' fa be ne all’amicizia. Con Obama ci intenderemo».
Una delle basi statunitensi è proprio a Yokosuka, lunedì comitati di cittadini hanno protestato contro la portaerei nucleare Nimitz . Tuttavia non è su quello che si decide la partita. Tutt’altro: «Pesa la crisi. Ce ne danno la colpa, ma noi non c’entriamo», si la menta con il Corriere un boss dell’Ldp, Takashi Sasagawa, all’ottava elezione a Gunma. I democratici, invece, hanno al tre paure: che la folla di depu tati nuovi e giovani non sia abbastanza coesa, che non sappia resistere ai ricatti e al le lusinghe dei burocrati e dei potentati economici, che af fiorino le anime del Dpj, ibri do costituito da fuoriusciti li beraldemocratici, ex sociali sti, cani sciolti.
Lo stesso Hatoyama, che pure ha co-fondato il Dpj, è un ex dell’Ldp. Il Partito de mocratico non è immunizza to contro le scissioni. Ma, nel la domenica della vittoria an nunciata, sono timori veniali. Scaramanzia. Le paure vere verranno governando.
(Fonte Corriere della Sera : http://www.corriere.it/esteri/09_agosto_30/delcorona_ecf5bb22-9538-11de-8421-00144f02aabc.shtml?fr=box_primopiano)